Un motociclista coinvolto in un incidente stradale ad Asti, risultato positivo alla cannabis, ha visto revocata la sospensione della patente dopo il ricorso presentato dal suo legale. Il caso rappresenta il secondo episodio nazionale di questo tipo da quando è entrato in vigore il nuovo Codice della Strada promosso dal ministro dei Trasporti Matteo Salvini. Il motivo? Nonostante la positività al THC, il motociclista è stato giudicato lucido al momento dell’incidente. Lo ha stabilito il tribunale, che ha accolto la documentazione medica allegata al ricorso.
Il ricorso e la valutazione della lucidità
Secondo quanto emerso dalle cronache locali, dopo il ritiro immediato della patente a seguito dell’incidente, il motociclista ha deciso di impugnare il provvedimento. A sostegno del ricorso è stato presentato un referto medico che attestava l’assenza di sintomi di alterazione psicofisica: nessun comportamento anomalo, nessuna difficoltà comunicativa o motoria. Il giudice ha quindi valutato come preminente lo stato di lucidità del soggetto al momento dei fatti, rispetto alla sola presenza di metaboliti nel sangue.
“Il conducente non mostrava alcun segno di compromissione psicofisica”, ha argomentato il difensore, richiamandosi anche a un precedente del tribunale di Pordenone, dove il giudice per le indagini preliminari ha sollevato dubbi di costituzionalità sulla norma che punisce automaticamente chi è trovato positivo a sostanze, anche in assenza di alterazioni durante la guida. Un tema particolarmente controverso, che ora attende una pronuncia della Corte Costituzionale.
Codice della Strada: l’attesa per il giudizio della Consulta
Il nuovo Codice della Strada, entrato in vigore nel 2024, prevede la sospensione automatica della patente per chi risulti positivo a sostanze stupefacenti, anche in assenza di sintomi evidenti. Ma l’interpretazione letterale della norma sta già generando dibattiti, soprattutto nei casi in cui la presenza di metaboliti non corrisponde a un’effettiva alterazione.
In questo caso, il giudice di pace ha fissato una nuova udienza per marzo, ma nel frattempo il tribunale ha deciso di restituire la patente al motociclista. Una scelta che potrebbe fare giurisprudenza, aprendo la strada ad altri ricorsi simili e obbligando il legislatore a intervenire per chiarire una zona grigia sempre più evidente.
Il dibattito è destinato a crescere: mentre da un lato si invoca tolleranza zero contro chi guida sotto effetto di droghe, dall’altro ci si interroga su quanto sia corretto sanzionare chi, pur avendo tracce nel sangue, si trova in condizioni psicofisiche perfettamente normali. Il caso di Asti riaccende dunque i riflettori su un nodo delicato del diritto e della sicurezza stradale.