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MotoGP | Problema enorme, pilota in allarme: “Troppo grosse”

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Roberto Maccarone

Durante una recente intervista, Pedro Acosta ha rivelato il suo amore per i musei motociclistici e, con esso, una riflessione profonda sull’evoluzione tecnica della MotoGP. Il giovane talento spagnolo ha raccontato le sue esperienze di visita al Museo Honda in Giappone e ai musei Ducati e Lamborghini in Italia, lasciandosi andare a un confronto tra le moto del passato e quelle attuali, sempre più simili a prototipi da Formula 1.

Visite tra storia e passione: da Stoner a Marquez

“Mi piacciono i musei, se sono di moto ancora meglio. Ogni volta che vado in Giappone, mi piace visitare il museo Honda”, ha raccontato Acosta, sottolineando il legame personale con la storia delle due ruote. Il pilota ha ricordato anche le visite al museo Ducati e a quello Lamborghini, effettuate per caso, approfittando della loro vicinanza all’aeroporto. “Mi sono divertito parecchio, perché c’era la moto del 2007 di Casey Stoner”, ha aggiunto, ricordando il fascino del bolide con cui l’australiano vinse il titolo mondiale.

Curioso di vedere anche la Honda del 2011, già ammirata in Giappone, Acosta ha apprezzato il silenzio del momento della visita: “Sono arrivato alle 9:30 e non c’era nessuno”. Un momento speciale, che ha acceso il confronto tra le moto di ieri e quelle di oggi, non solo in termini di design, ma soprattutto di complessità tecnica.

Aprilia

“Erano piccole, semplici… ora sembrano F1”

Le riflessioni di Acosta si sono poi spostate sulla differenza tra le moto esposte e le attuali MotoGP: “Le moto erano molto piccole rispetto alle nostre”, ha osservato con sorpresa. Da qui nasce la critica costruttiva verso l’eccessiva evoluzione aerodinamica ed elettronica della categoria moderna: “Credo che in qualche modo si sarebbero dovuti imporre dei limiti prima, perché erano molto semplici”.

Per Acosta, la sofisticazione tecnica odierna rischia di compromettere lo spirito originario della MotoGP, rendendo troppo determinante il mezzo tecnico rispetto al talento puro del pilota: “Le nostre sono diventate un po’ come le F1 e stanno influenzando notevolmente i risultati di certi piloti”. E infine, una considerazione che suona come un invito alla riflessione: “Allora, forse, era tutto meglio ai vecchi tempi”.

Le parole di Acosta fanno eco a un sentimento condiviso da molti appassionati, nostalgici di un’epoca in cui a fare la differenza erano soprattutto il coraggio, l’istinto e il manico. Il talento spagnolo non nasconde il suo amore per la tecnologia, ma tra le righe lascia trasparire il desiderio di un motociclismo più autentico e meno influenzato da componenti ipertecnologici.

Roberto Maccarone

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Roberto Maccarone

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